Non Praevalebunt: il perchè /2


Prima di iniziare la normale attività del blog, ci soffermiamo un ulteriore (e ultimo) istante sulla scelta del nome "Non Praevalebunt" e sul suo significato. Di questa espressione, tratta dal sedicesimo capitolo del Vangelo secundum Mattheaum, abbiamo già rilevato il significato teologico avvalendoci di una profonda riflessione di Benedetto XVI (cfr. "Non Praevalebunt: il perchè"). In questo secondo post è nostra intenzione analizzare la ricorrenza con la quale essa si presenta nella cultura cattolica.

Mentre nell'arte sacra la promessa che Cristo rivolge a Pietro, ovvero che la Chiesa da Lui fondata vincerà sempre le forze del male, è rappresentata nell'iconografia della Consegna delle Chiavi, nella musica sacra questo passo è più valorizzato. Lo dimostra il numero straordinario di composizioni con le quali molti musicisti hanno interpretato questo episodio evangelico. Certamente famosissimi sono i mottetti composti per i Successori di Pietro dai polifonisti del Novecento quali Lorenzo Perosi e l'oggi novantacinquenne (ad multos annos) cardinale Domenico Bartolucci. Ma il "Tu es Petrus" per eccellenza è di Pierluigi Giovanni da Palestrina, compositore cinquecentesco massimo esponente e riferimento della Scuola Romana, ancora oggi tenuta in vita (seppur con qualche inciampo) dalla Cappella Musicale Pontificia Sistina. 
Composto nel 1572, il mottetto palestriniano viene intonato dalla schola all'ingresso del Papa ed è ritenuto uno dei massimi capolavori del compositore prenestino. 

Eccone una bella presentazione.

"Polifonia pura, a sei voci miste, tre voci bianche e tre voci virili.
Un mottetto che nella sua struttura sembra la costruzione di una cattedrale, della Chiesa, appunto.
Iniziano le voci femminili, alle quali rispondono le voci maschili, per unirsi poi ed intrecciarsi in modo mirabile e solenne fino alle parole “aedificabo Ecclesiam meam”, con cui si conclude la prima parte.
Nella parte successiva le varie voci, quando giungono alle parole “et portae inferi non praevalebunt”, si muovono in maniera omofonica, unitaria.
Nella polifonia classica, qual è quella di Palestrina, non è frequente che una frase sia ripetuta più volte dalla medesima voce. È una eredità del gregoriano che non ripete mai espressioni già pronunciate, come avviene nel linguaggio parlato.
Si noterà invece che Palestrina in questo caso più volte ribadisce “non praevalebunt” con le varie voci unite, affinché la frase sia scandita con tutta la potenza del coro: le forze del male non prevarranno.
Nella parte finale, alle parole "regni caelorum" (del regno dei cieli) tutte le singole voci salgono per gradi congiunti e con un ricamo polifonico finale, per esprimere l'ascesa verso Dio, bellezza infinita.
La polifonia è una musica sobria, mai "gridata", e va saputa gustare nel suo intimo pathos, espresso con una finezza ineguagliabile. Come uno stupendo ricamo."

Non Praevalebunt, insieme a Unicuique suum, è anche uno dei due motti de L'Osservatore Romano, il quotidiano ufficiale (o, meglio, ufficioso) della Santa Sede. Naturalmente, la scelta di queste massime latine non fu casuale, ma fu un primo chiaro segnale delle intenzioni dei fondatori. In particolare con il primo motto fu esplicitata la volontà di contribuire con un'informazione corretta alla difesa del Romano Pontefice, in un periodo in cui le calunnie del mondo anticlericale erano all'ordine del giorno. Anche noi quindi assumendo tale titolo facciamo nostro l'obiettivo dei fondatori dell'Osservatore, consapevoli che la Chiesa è ancora sotto il costante attacco delle portae inferi nelle sembianze con cui si presentano nel mondo odierno, tra cui la (dis)informazione talvolta errata e calunniosa di buona parte della stampa (anche quella che si definisce cattolica). Chiudiamo il post con un ultimo prezioso contributo fornitoci da mons. Fernando Filoni, ex Sostituto della Segreteria di Stato.

 "[...] quel non praevalebunt è in riferimento alla verità, alla sua ricerca e alla difesa di essa; il non praevalebunt non significa arroganza, ma intima consapevolezza di essere contro l'errore."
(Intervento di mons. Sostituto alla presentazione del libro sui centocinquant'anni dell'Osservatore Romano. 2 dicembre 2010)



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